Il Ducato dei Vini Friulani

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31 Maggio 2021

Etichetta “il vino nuoce alla salute, provoca il cancro”
No grazie, a noi basta il buon senso

Questa mattina, mentre mi accingevo a licenziare questo articolo, una trasmissione radiofonica si è occupata proprio dell’improvvida iniziativa della Commissione Europea, che vorrebbe dagli Stati membri l’apposizione di un’etichetta sulle bottiglie di vino per evidenziare la pericolosità di tutti i prodotti contenenti alcol in fatto di tumori.

Se non fosse stato così, la totale polarizzazione mediatica sul Coronavirus avrebbe fatto passare quasi sotto silenzio per il grande pubblico il contenuto del “Piano europeo di contrato al Cancro” (varato il 20 Febbraio 2020) in cui vengono presi di mira, oltre al vino, anche altri prodotti della filiera agroalimentare dei Paesi mediterranei. Fortunatamente però, la questione è ben presente nella mente e nei fatti dei nostri “addetti ai lavori” che si stanno adoperando con energia per proteggere i nostri prodotti da attacchi quanto meno ingiustificati, se non pretestuosi. Per esempio, potremo contare sui cugini francesi per la difesa del vino, ma probabilmente di meno per la difesa dell’olio di oliva o del formaggio grana (ingiustamente incolpati per altri versi di nuocere alla salute, se non per il cancro). 

Proprio in questo tempo di Coronavirus abbiamo, però, dato qualche ragione a Bruxelles di preoccuparsi per la nostra salute avendo bevuto più del solito! Per superare la noia dei confinamenti in casa, per attenuare la depressione, per calmare lo stress, per favorire il sonno. Dal consumo di un bicchiere a tavola siamo passati a quantità crescenti anche fuori pasto, associate al consumo di altri alcolici e superalcolici anche ordinati online e ricevuti a domicilio (+180% dopo qualche mese di “lockdown”). 

Un fenomeno, ovviamente, che non è solo italiano, ma che è esteso a tutta l’Europa, con l’eccezione dei Paesi del Nord dove prevale il consumo di superalcolici e dove le restrizioni agli spostamenti hanno ridotto le possibilità pratiche di accesso alle bottiglie da parte di quei forti bevitori.

In questo contesto, vale forse la pena di ricordare che il consumo di alcol in Italia è il più basso tra tutti i Paesi europei e che in alcune Nazioni il consumo supera di quasi tre volte quello italiano.

Tutte le Nazioni sono consce che l’alcol stia per mostrare o mostrerà a breve i suoi effetti sia sulla salute fisica, sia sui comportamenti delle persone nella società. 

Secondo i dati della Società Americana per il Cancro, l’abuso di alcol rende conto del 4.8% di tutti i casi di tumore e del 3.2% della mortalità conseguente, con particolare rilevanza per i tumori del tratto digestivo (10%) e della mammella per le donne (11.1%).

Negli Stati Uniti d’America un’Organizzazione civica per la Salute ha recentemente presentato alle Autorità una petizione sostenuta da tre Società medico scientifiche perché sulle bottiglie contenenti alcol sia apposta la scritta “Attenzione, può causare il cancro, specie del colon e della mammella”

In Italia, secondo i dati ISTAT, 40 mila persone vengono accolte ogni anno nei Pronto Soccorso per emergenze causate dall’abuso di alcol e 18 mila persone decedono per patologie alcol-correlate, che giustificano quasi il 3% della mortalità globale del Paese. 

Nell’ambito del Piano per il contrasto al cancro la Commissione Europea ha diffuso una Guida che mette bene in risalto le capacità cancerogene dell’alcol, suggerisce ai Paesi membri che la circolazione dell’alcol dovrebbe essere limitata con specifiche misure doganali e fiscali e preconizza l’apposizione delle etichette sulle bottiglie con simboli e/o scritte di avvertimento (del tipo “Nuoce gravemente alla Salute” o “Causa il Cancro”) a somiglianza di quanto avviene per i pacchetti delle sigarette. 

E così, dopo la pizza, il formaggio grana, il prosciutto di Parma e persino dopo l’olio di oliva sarebbe giunto il momento della demonizzazione anche del vino che, insieme agli altri prodotti già minacciati di proscrizione, costituisce uno dei caposaldi della Dieta Mediterranea, dieta con la quale il popolo italiano è divenuto uno dei più longevi al mondo, nonostante qualche deriva inappropriata dell’alimentazione negli ultimi anni.

La proposta dell’etichetta appare ai miei occhi inaccettabile non tanto e non solo perché danneggerebbe gli interessi di uno dei prodotti di riferimento del nostro Paese, ma perché colpirebbe la storia stessa dell’uomo (si potrebbe dire lo spirito dell’uomo) che con la cura del vino ha percorso un viaggio millenario alla ricerca del bello e del buono. Il vino è portatore di una grande valenza naturale, umana e culturale che travalica il concetto di vino come alimento, facendolo assurgere a simbolo da salvaguardare. 

La storia della vite e del vino e la storia dell’uomo hanno sempre camminato insieme. L’etichetta avrebbe la potenzialità di rescindere questo legame.

L’uomo ha sempre saputo che l’eccesso di alcol è pericoloso, prima perché causava azioni inconsulte (vedi Noè “addormentato, nudo, tra i fumi dell’alcol”) e ora anche perché può causare malattia.

Nel Piano europeo (quello, appunto, che prevede l’etichettatura del vino) vengono riportate anche le ricerche scientifiche in base alle quali sono state programmate le azioni che gli Stati membri dovrebbero intraprendere per il contrasto ai tumori. Punti di forza sono l’adozione di stili di vita corretti da parte dei cittadini e la realizzazione di un ambiente naturale quanto più sano possibile. 

Si precisa infatti che il cancro deriva dall’interazione tra fattori genetici (60%) e fattori ambientali (40%) che direttamente o indirettamente hanno la capacità di favorire l’insorgenza di mutazioni genomiche irreversibili nelle nostre cellule e quindi lo sviluppo dei tumori. Le radiazioni ionizzanti e molti prodotti chimici (compresi quelli che si producono dal tabacco, dall’alcol, dalle ciminiere, dagli scarichi delle automobili o che sono riversati dall’industria -vedi la “terra dei fuochi-) hanno capacità mutagene dirette, mentre le abitudini di vita scorrette (dall’alimentazione eccessiva o errata alla sedentarietà) esercitano azioni indirette, ma non meno importanti, per lo sviluppo delle alterazioni cancerogene. 

Nel documento si ricorda che la nutrizione corretta, l’attività fisica regolare e il mantenimento del peso corporeo costituiscono fattori protettivi nei confronti dei tumori. Ed è qui il caso di precisare che un gran numero di stuti ha dimostrato che la Dieta mediterranea, base culturale della nostra alimentazione che non esclude un bicchiere di vino al pasto, è proprio quella che assicura la protezione maggiore contro i tumori.

L’abuso dell’alcol è sempre da condannare perché è gravato da vari effetti negativi per la salute, tra i quali spicca proprio la maggiore incidenza dei tumori. 

L’uso moderato e consapevole dell’alcol deve invece essere valutato nel contesto dei diversi fattori positivi e negativi che incidono sui tumori. Se è vero che l’alcol è un sicuro fattore cancerogeno, esso non è l’unico, non è certo il più potente quando le dosi siano moderate e il suo effetto si misura comunque in relazione ai fattori protettivi derivanti dallo stile di vita sano e dalla nostra Dieta mediterranea.

In una visione manichea del problema dei tumori, come quella portata innanzi da Bruxelles, l’etichetta “Nuoce gravemente alla salute” dovrebbe essere applicata, ancor prima che al vino, ai camini di molte industrie, alle discariche non controllate, alle colonnine di misura delle particelle sottili quando registrano concentrazioni fuori scala, a frutta e verdura coltivate irregolarmente con troppi pesticidi, agli alimenti troppo ricchi di grassi saturi e di grassi vegetali alterati dalla grande industria di trasformazione, alla carne trattata con un eccesso di conservanti o alle torte ricche di zuccheri semplici e, infine, alle poltrone, ai televisori e ai computer che condizionano la nostra vita alla sedentaria.   

Auspico un ripensamento dell’iniziativa dell’etichettatura delle bottiglie di vino da parte della Commissione Europea non solo per effetto delle giuste rimostranze che i nostri addetti ai lavori stanno già esercitando, ma soprattutto per un’opportuna resipiscenza della Commissione stessa nei confronti di un proposito così ingrato. 

Giovanni Oliviero Panzetta
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