04 Febbraio 2017
Piero Primo – Allocuzione ducale
ALLOCUZIONE 4 febb. 2017 abdicazione
Nobili amici
Stavolta è veramente l’ultima volta che vi parlo da Duca, e sono contento perché sono qui a scandire, anche con questo cambiamento, la volontà di tutti i nobili di dare ulteriore slancio alle iniziative ducali per coinvolgere tutti i segmenti della vitivinicoltura regionale, e con essi tutto il prodotto tipico alimentare friulano di cui il vino rappresenta la punta più nobile e penetrante. Il nostro vino, quel che noi intendiamo per vino è un emblema unitario di tutta la regione, dal Carso al Livenza.
Il vigneto Friuli è la fabbrica più avanzata in tecnologia e ricerca, sapienza e specializzazione diffusa.
Possiamo dire che nel nostro vino è concentrata l’anima, la tradizione di questo popolo e contemporaneamente il top della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica.
Basta guardare i vigneti, visitare le cantine, bere il prodotto e ricordare(chi purtroppo, come me può farlo) la qualità media dei vini di 40 anni fa e confrontarla con quella di oggi.
Questo miracolo di sviluppo non s’è verificato per caso, ma solo perché illuminati imprenditori agricoli, enologi e agronomi di prim’ordine, uomini di cultura e comunicatori eccezionali hanno voluto e saputo puntare su un prodotto che trova qui in questo estremo lembo di Nord Est Italia condizioni ambientali pressoché uniche al mondo o molto rare.
Tutti questi uomini e donne sono, o sono stati nel Ducato.
Lo hanno fondato, voluto, sviluppato come momento unitario di promozione e diffusione del miglior prodotto friulano.
Questo è ed è stato il ducato.
Con me, con i miei predecessori di santa memoria, con i padri ispiratori e fondatori, da Candolini ai Felluga, da Pittaro a Jerman a Valle, da Volpe Pasini a Zorzetig, da Schioppetto ad Attems, da Florio ad Attimis-Maniago e a tanti altri benemeriti che non si offenderanno se non li nomino singolarmente che per lo più sono passati al ducato del cielo o, in alcuni casi, sono ancora felicemente fra noi.
Tutti insieme hanno voluto e costruito con friulana determinazione il nostro Ducato.
A loro, al nostro grande Isi Benini, ai duchi Ottavio, Vittoro, Alfeo ed Emilio il merito di aver condotto per un quarantennio questa istituzione, più che sodalizio, attraverso le numerose crisi di settore, i rapidi e spesso inconsulti cambiamenti politici e normativi, la tradizionale riottosità dei friulani ad operare insieme nonostante le inevitabili concorrenze.
Miracolo! il Ducato è rimasto unito, passando attraverso momenti di alta disponibilità e debiti seriamente preoccupanti.
È giunto indenne, coi bilanci sani, alla soglia del 2017, ma soprattutto ha mantenuto intatto il messaggio e la missione affidatagli dai fondatori senza mai far venir meno la qualità dei nobili scelti accuratamente da corti responsabili e attente alle doti, alle qualità, alle potenzialità professionali, alla caratura morale di chi riceveva l’investitura.
E ‘ solo per questo che anche oggi far parte del Ducato è segno di distinzione.
Certo ci criticano per essere elitari, “une companìe di sioors che mangjn e bevin” si sente dire di noi di noi nelle osterie, con un po’ di ammirata invidia.
Un blogger udinese dalla lingua tagliente ci ha definiti una massoneria bianca, ma non è così. Voi sapete che non è così. Siamo gente normale che condivide la passione del buon vino, che si appassiona alle vicende della nostra vitivinicoltura, che vuol trasmettere ai giovani la propria passione e in questo si impegna.
Il nostro disinteressato esperimento dell’educazione al bere, lodato ovunque, ma non abbastanza imitato, è l’esempio della nostra dedizione, della nostra passione, della generosità di molti di noi nel perseguire gli ideali in cui si crede.
Vengano i critici, i sospettosi, vengano a vedere gli aperitivi guidati per gli universitari a Udine, a Gorizia e, per un certo tempo, anche a Trieste. Misurino, se ci riescono, l’attività di Renata Qualizza, di Claudio Verdimonti, di Gianni Ottogalli, di tanti produttori che oltre ad impegnarsi nelle lezioni offrono anche il vino.
Vengano e solo dopo, se possono, continuino a criticare.
Ma questo è solo uno dei nostri interventi nel settore.
Le nostre diete, le nostre agapi, le nostre partecipazioni a prestigiosi eventi in Italia e all’estero, l’istituzione di contee e delegazioni, in Italia e in tutto il mondo, ove ci siano fogolars di emigranti, costituiscono il nostro segno distintivo.
Di tutto ciò è stata motore la corte che mi ha supportato e supportato durante tutti questi otto anni, passando attraverso momenti difficili che potevano segnare la fine del Ducato. Grazie a Claudia, a Michela, a Rossana, a Loris a Gianni, a Michele, a Cristian, a Giorgio, Rodolfo, Manlio e ai meravigliosi maestri dei conti, Verdimonti, Bravin, Casula, Renata Qualizza. Da ultimo, perché nuovo acquisto della corte, Sandro, il nuovo segretario generale. Né posso tacere la collaborazione silenziosa e disinteressata di Silvano Bertossi, Sandro Buffon e Sandro Sguazzin. La vicinanza e la collaborazione determinante di mia moglie Adriana. Grazie a loro ho potuto fare il duca e non semplicemente esserlo.
Non posso terminare questa mia ultima allocuzione senza ricordare coloro che in questi anni sono passati al ducato del cielo.
Sono tanti e non posso nominarli tutti.
E poi non so se esiste un paradiso come quello che descrive Dante o giù di lì, ma se c’è comprende di sicuro un luogo celestiale dedicato a loro.
E’ un posto sicuramente privilegiato, riservato a chi in terra ha già avuto, come noi, un anticipo di paradiso degustando i nostri vini, frequentando i nostri colli quando d’autunno la vigna si colora e si popola di uomini e donne, vecchi e bambini che corrono a raccogliere i grappoli come una benedizione del Signore.
E il padreterno in persona, guardandoli dall’alto, si compiace della sua creazione, sorride e garantisce una speciale indulgenza verso tutti i nostri numerosi difetti.
Un grazie finale a tutti voi.
Vi ho voluto bene, vi voglio bene, vi abbraccio e vi affido al mio successore che è qui e che farà il duca certamente meglio di me.
Piero I