20 Settembre 2015
Sauvignon Connection: chiacchiere da osteria e sospetti
Da quasi due anni si intensificavano i sospetti sugli aromi dei migliori sauvignon prodotti in regione. L’assunto era semplice: «Troppo profumati per essere naturali» e giú fior di tecnici e di vignaioli a proclamare solennemente in osteria che «naturalmente» un simile aroma non era possibile. Intanto quei vini vincevano premi nazionali e internazionali con valutazioni fatte anche alla cieca. Giurie che si erano poste il problema del troppo profumati ma avevano concluso che naturali quei vini potevano esserlo benissimo. Ma nelle osterie del Friuli il sospetto restava e in Friuli le osteria sono importanti. Persino Napoleone é dovuto entrare in osteria per firmare uno storico trattato. Sono tanto importanti che quel sospetto é diventato un indizio raccolto da un importante blogger per farne un post. Stranamente nessun sospetto sulle tantissime aziende che vendono a meno di 5, 10 euro bottiglia. Solo su quelle più titolate, più premiate, più in vista e con il denominatore comune di aver origine contadina, di esser salite alla notorietà anche se create da coldiretti provenienti dalla vigna. Nessuna azienda di “siôrs” tra i sospettati. Più facile che la “strie” fosse la vicina di casa piuttosto che la castellana o la figlia del notabile. Ci sono poi strutture il cui compito istituzionale é di “pensar male”, cioè di raccogliere i sospetti ritenuti legittimi e indagare per farli diventare, se possibile, indizi di reato. Sono gli inquirenti che di fronte a sospetti divenuti oggetto di articoli sui blog sentono il dovere di muoversi. Fin qui tutto legittimo, regolare, naturale, in una società libera anche di chiacchierare in osteria. Il guaio succede quando anziché muoversi in silenzio gli inquirenti fanno rumore. E la cassa di risonanza dell’osteria rimanda l’eco: «Hanno fatto un prelievo da Toni. Hanno messo i sigilli su una botte di Meni. Sua moglie mi ha detto che Jacum se la fa sotto, che stanotte non ha dormito». E il giornalista ha tutto il diritto, e, in certa misura, persino il dovere di riportare ció che succede nel suo ambiente. Ma quando un sospetto da osteria diventa «legittima suspicione» da Procura della repubblica e tema di indagini che riguardano un ben definito prodotto, come il vino bisogna scendere dal piano della chiacchiera, della suspicione e del teorema alla materialità dell’indagine scientifica. Bisogna provare che in quello specifico vino é stata immessa una specifica sostanza non ammessa, illegale, o fuori protocollo. Indagini da poter fare ce ne sono tante, anche sofisticatissime, dalla gascromatografia ad alta risoluzione, alle analisi del Dna, e bisogna che siano loro nella nuda e cruda materialitá scientifica ad affermare che in quei vini, o in alcuni di quei vini, c’era questo o quello. Solo cosí la chiacchiera, salita a livello di sospetto giornalistico, di legittima suspicione, di indagine, diventa prova capace di incastrare i rei e di liberare dal sospetto gli innocenti.
Piero Villotta
(Fonte: Messaggero Veneto del 20/09/15)